Castel Thun
Castel Thun fu costruito nella metà del XIII sec. e fu la sede della potente famiglia dei Thun, che nelle valli di Non e di Sole possedeva altre prestigiose residenze. Il castello è situato in cima ad una collina a 609 m. vicino al paese di Vigo di Ton in bellissima posizione panoramica.
E' un esempio tra i più interessanti di architettura castellana trentina, la struttura civile-militare è tipicamente gotica ed è circondato da un complesso sistema di fortificazioni formato da torri, bastioni lunati, fossato e cammino di ronda; imponente la "porta spagnola" (1566) costruita con massicci conci bugnati disposti a raggiera. Le fortificazioni centrali sono a pianta quadrangolare con forti baluardi per la difesa con armi da fuoco, quattro torri quadrate agli angoli e, dopo il fossato, altro muro con feritoie a strombo profondo e due medievali torri merlate.
Oltrepassata la porta del ponte levatoio (1541) e superato il primo cortile, a sua volta percorso sul lato settentrionale da un lungo colonnato, formato da diciotto poderose colonne di pietra, si incontra l'ingresso del palazzo comitale. Al piano terra si trovano le stanze pubbliche, mentre al primo piano si trovavano le stanze dei signori. Fra le numerose sale, ancora riccamente arredate, la più pregevole é la "stanza del vescovo", interamente rivestita di legno di cirmolo, con il soffitto a cassettoni e una porta monumentale (1574), abitata dal principe-vescovo Sigismondo Alfonso Thun.
Il castello si trova nel comune di Ton (TN) - Italy (mappa).
Vedere Info del comune. Per informazioni: Tel. 0461/657816.
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E’ un monumentale fabbricato civile-militare fra i più ben conservati dei Trentino. Il palazzo baronale, slanciato in verticale, con tre torrette a cuspide gotica, si eleva al centro dei sistema fortificato che, verso l'attuale ingresso, la Porta spagnola, è composto da ben cinque torri, dal ponte levatoio e da un profondo fossato.
Varcata la porta dei ponte levatoio, ci si trova nel più singolare ingresso dei castelli trentini. Si tratta dei Colonnato dominato dalle due torri medievali merlate dette delle prigioni.
La singolare tettoia, sostenuta da 18 massicce colonne di pietra, serviva per riparare i cannoni dalle intemperie. Di fronte al Colonnato, il palazzo baronale; tutt'attorno, sopra il Cortile dei tornei, corre la cortina munita con la Torre basilia restaurata dal conte Basilio.
Dalla parte opposta sorge la Torre della biblioteca che, in un grande locale a soffitto con stucchi barocchi, ospitava diecimila volumi e numerosi incunaboli. Il palazzo baronale rappresenta la parte più antica del castello, costruito sulla viva roccia da Manfredino, Albertino e dai quattro figli di Marsilio Thun. L'atrio è nella vecchia torre gotica; vi si possono ammirare un grande stemma dei Thun-Kónigsberg con la data 1585 dipinto sulla volta, tracce di affreschi quattrocenteschi e un recipiente per l'olio, scavato nella pietra, datato 1560.
Castel Thun - La biblioteca
A sinistra del lungo corridoio si apre la porticina della cappella dedicata a S. Giorgio, decorata a tempera da uno dei discepoli di Jacopo Sunter della scuola di Bressanone. I piani superiori del castello conservano preziosi oggetti d'arredo, numerose opere d'arte e una ricca quadreria. La cappella del castello, dedicata a S. Giorgio conserva un interessante ciclo di affreschi di scuola tedesca risalenti alla seconda metà del XV secolo.
Il castello si trova nel comune di Ton (vedere le Informazioni del comune) nella bassa Valle di Non.
Storia
Cenni storici
Della storia di Castel Thun si sa che venne in possesso di Varimberto di Tono nel 1267. Questo castello era detto Belvesino dal nome della persona che lo possedeva o che lo fece costruire. Dopo la ricostruzione terminata nel 1422 dai Tono, il castello fu quasi completamente distrutto da un incendio nel 1528. Fu ricostruito da Sigismondo detto l'oratore, il più ragguardevole personaggio dei suo casato, amico e consigliere di Massimiliano 1, Carlo V, Ferdinando I e dei grandi vescovi trentini della prima metà dei XVI secolo. Un secondo incendio divampò pochi anni dopo, nel 1569. Altri rimaneggiamenti subì il castello nell'epoca barocca, ad opera soprattutto dei vescovi Thun
Il conte Zdenko Thun con i suoi amati cavalli, ultimo conte ad abitare il castello fino al 1982
La zona comprendente gli abitati di Vigo, Masi di Vigo, Toss, e frazioni minori che forma attualmente il comune di Ton, si chiamava un tempo "Pieve di Tono": era di proprietà dei nobili cavalieri di Tono, poi divenuti baroni e quindi conti di Tono; più tardi, questo cognome venne tedeschizzato in Thun con l'aggiunta del toponimo "Hohenstein" (ma fino al 1926, il cognome esatto era Thunn, con due "n"), divenendo Thun dal 1926 in poi, quando divennero proprietari del castello i lontani cugini Thun di Boemia.
Otto secoli di storia a Castel Thun
Un viaggio «in anteprima»
in attesa dell´apertura
Di Fabrizio Torchio - L'Adige, 27/12/2000
TON - Gian Maria Tabarelli lo definisce «il più fastoso dei castelli trentini», e per l´adattamento al terreno delle concezioni di ingegneria militare cinquecentesca, «il più completo esempio di tipologia rinascimentale fortificata» dell´intera provincia. E Aldo Gorfer, varcando la «porta spagnola» e superando il levatoio sopra l´ampio fossato, ne ricordava «il più singolare ingresso», quello del colonnato che riparava i cannoni.
Ma Castel Thun non è solo un maniero da primato. E´ fra i più insigni edifici monumentali pubblici per il suo grado di conservazione e per il suo «parallelismo» con otto secoli di storia del principato vescovile, dall´apparire dei Tono (poi Thun) nella scorta assegnata al vescovo Corrado di Beseno a Enrico VI, figlio del Barbarossa (1190) all´ascesa alla cattedra di Trento di Sigismondo Alfonso, primo principe vescovo Thun nel 1668, e fino al tramonto del principato stesso con Pietro Vigilio, il vescovo principe cacciato dai francesi ma non più reintegrato dalla restaurazione del Concilio di Vienna.
A lavori ultimati, si accederà a pressoché tutti i locali (circa 150), sotto l´occhio di telecamere e sorveglianti, passando di stanza in stanza fra arredi originali d´epoche diverse, dipinti di pregio, affreschi e stemmi, rivestimenti e decorazioni. E per raccontare sinteticamente questo cammino nella storia e nell´arte così abbiamo visto il castello.
La porta spagnola - E´ un bugnato in pietra forse visto in Spagna e qui mirabilmente imitato quello che, con lo stemma dei Thun a bande decorate, dà accesso al levatoio del complesso, cinto dall´imponente giro di mura sul dosso allungato da cui si dominerebbero 44 abitati e 12 castelli. Si varca subito dopo la porta «blasonata», datata 1541, e ci si trova singolarmente al riparo di un porticato sostenuto da 18 colonne in pietra. E´ il colonnato delle carrozze, una dozzina di pezzi unici dal 1890 al 1916. Dinanzi, l´ingresso al palazzo medievale, riedificato nel 1691. L´edificio è umidissimo e freddo. Occorrerà svuotare i contrafforti, senza alterarli, per eliminare parte dell´umidità che sale lungo i muri possenti, e che si avverte in ogni stanza. Si cammina sull´acciottolato, e nell´ingresso campeggia l´aquila del principato vescovile con la banda dei Thun in rilievo, decorata a fiori. Sulla volta lo stemma di famiglia, datato 1585. Al centro del palazzo comitale, compatto, si apre il cortile selciato, con il pozzo nell´angolo. Lo sguardo, alzandosi, corre al loggiato che si apre su due facciate interne. Secondo il Tabarelli, va letto quasi come una sigla dello stile clesiano, rinascimentale. Caratterizza Toblino e Stenico. Si torna fra le mura possenti. Una mano benedicente sull´architrave vigila il piccolo ingresso alla cappella intitolata a San Giorgio e interamente affrescata: pitture quattrocentesche, annerite dal tempo ma di buona mano nordica. Spicca un Giudizio universale, con la Madonna e San Giovanni che intercedono per la salvezza delle anime. Nella sacrestia si nota ancora la traccia dell´ingresso originale del palazzo medievale. Il corridoio mette nella sala delle guardie (dei cavalieri?), con due contenitori in pietra per il grano datati 1564. E´ uno spaccato di vita castellana, cela imponenti forzieri da viaggio e altri particolari non comuni. Una grata dà accesso alle segrete. E´ un passaggio da leggenda. Accanto, stanze con forni per cuocere il pane. Si sale. La mitria pastorale e la spada, simboli del potere vescovile, danno accesso al palazzo nobile. L´arredo, in fase di restauro, una volta riportato al castello sarà di assoluto pregio. Si entra, non senza il sentore di un soffio di suggestione, nella sala dei morti, la camera ardente dalla volta «tutta annerita dalle fiamme delle candele che si accendevano a lato del feretro» (Gorfer). I visitatori, a restauro ultimato, accederanno pure alla vicina armeria, dove dovrebbero essere riportate le armi antiche, un tempo protette dalla robusta porta in ferro. L´archivio rimasto e l´importante biblioteca sono anch´essi in restauro. Saranno fonti importanti per la storia dei Thun, ancora da scrivere nel suo intreccio quasi millenario con le vicende del principato. Si sale al piano primo, dove si aprono la loggia e le stanze signorili. I dipinti sono altrove, ma torneranno. Quella degli antenati ospiterà i ritratti di famiglia, fra cui molti di Giovan Battista Lampi. C´è la sala del camino, pezzo notevole, cinquecentesco. Per Gorfer è simile a quelli del palazzo ducale di Urbino. Ospitava anch´essa ritratti importanti. Si passa per una serie di grande sale, il salotto Luigi XVI, lo studio, una stanza per il gioco, una «della spinetta», la sala dei convitti. Altri locali minori si aprono fra corridoi e passaggi. Quasi tutte importati le stufe, di Sfruz e di altri artigiani, talora decorate con gli emblemi di famiglia. Ma l´approdo è la celebre ed ampia stanza del vescovo, mirabilmente rivestita in legno di cirmo, con splendido soffitto a cassettoni recante al centro lo stemma dei Thun datato 1670, e stufa in maiolica. Campeggia il grande letto a baldacchino e una porta datata 1574 - «scolpita, intarsiata e lavorata a brucio immette nell´appartamento delle donne», annota Gorfer. «Due significativi intarsi ammoniscono che è proibito valicare la porta senza permesso. E un Ercole ignudo, molto esplicitamente dimostra cosa accadrebbe all´uomo che osasse oltrepassare la soglia». L´immagine erotica è a commento della scritta in tedesco. Una Frauenkamenate, informa Gorfer, «abbastanza frequente nei castelli tedeschi». In altre sale sono prossime al restauro le carte da parati, ottocentesche. Dalle finestre il colpo d´occhio sull´Anaunia e sui manieri in comunicazione visiva è notevole. Si va all´esterno, dove la muratura meridionale dà all´improbabile, ancorché suggestivo, campo dei tornei, chiuso da altri muri. Due torri quadrate sono il riscontro dei fabbricati a nord, ai piedi dei quali si distendono i giardini all´italiana, sopra il più basso giro di mura. Dall´originario fortilizio di Belvesino, l´epopea dei potenti vassalli del vescovo affiora dalle alte muraglie, s´intravvede nelle tracce difensive più antiche, s´immagina nei saloni vuoti. Da Castel Thun si esce arricchiti di un frammento di storia, stupiti dall´armonia di forme, e fors´anche ammaliati dalla potente fascinazione dell´eco feudale. Immortale, come i fantasmi dei manieri scozzesi.
La famiglia Thun - ci informa Aldo Gorfer - conobbe una rigenerazione nel XV sec. con Antonio Maria, che ebbe tredici figli maschi. Il figlio Cipriano fondò la linea di Braghèr, Luca quella di castel Thun, Giacomo III quella di Caldes. La linea boema sarebbe derivata nel 1630 da quella di Castelfondo, e in Boemia il patrimonio dei Thun, fino alla privazione dei beni da parte del governo comunista, era considerevole: oltre trenta castelli, proprietà terriere estese, palazzi nella capitale Praga. Oltre che sul maniero in vetta al colle fra Toss e Nosino, i Thun ebbero fra le loro mani importanti fortilizi, dal vicino San Pietro ad Enno, Sant´Ippolito, Fondo e Vigna, Mostizzolo, Cagnò, Mocenigo, Rumo, Zoccolo a Livo, Altaguarda, Caldes, Samoclevo. Di molti di questi si riscontrano sul terreno solo esili tracce. L´apogeo del potere esercitato dalla famiglia nelle valli del Noce venne raggiunto nel quindicesimo secolo.
Storia della potente famiglia dei Tono, dal medioevo a Zdenko, ultimo proprietario. Matteo, conte «garibaldino». Il Thun che finanziò la causa dell´unità d´Italia
Di Fabrizio Torchio - L'Adige, 27/12/2000
TON - La storia recente di Castel Thun, acquistato dalla Provincia autonoma di Trento nel 1992 ed ora in restauro in vista dell´apertura alle visite, è legata anche all´esempio patriottico del conte Matteo (1812-1892), definito dal Gorfer «gentiluomo generoso e istruito che sentiva in modo straordinario l´anelito di libertà che scuoteva in quei tempi l´Italia e l´Europa».
Matteo Thun fu membro della «Giovane Italia» e finanziò cospicuamente Garibaldi e i combattenti per l´unità d´Italia passando loro qualcosa come sette milioni di fiorini, «vendendo suppellettili preziose del castello e le terre che possedeva nella piana rotaliana» (Gorfer). Arrestato dall´autorità imperiale, il conte - che fu amico di Giovanni Prati, più volte ospitato nel maniero ove compose una poesia in onore dell´ospite e altre liriche fra cui la ballata Armede - fu scacciato dall´Austria. Nel 1858, al castello erano saliti, accolti da Matteo Thun, l´arciduca Carlo Lodovico e la sposa Margherita. Dopo il disastro finanziario di Matteo e il declino del complesso abbandonato dal suo padrone in esilio, fu il conte Francesco, della linea di Tetschen an der Elbe, ad acquistarlo nel 1926, procedendo ad un totale restauro. Alla morte del conte fu il figlio Zdenko, la cui memoria è ancora ben viva a Vigo di Ton, Toss e dintorni, a proseguire l´operato del padre in parallelo con lo sforzo conservativo degli altri Thun proprietari di manieri importanti, da Castel Bragher a Castelfondo.
Ambasciate di Praga
Ambasciata britannica a Praga Thun-Hohenštejnové / Thunovský Palác
Ambasciata britannica - Thunovska 14 - 118 00 Praha 1 - Repubblica Ceca
La lunga storia del Palazzo Thun risale al medioevo e ci sono tracce di gotico nelle cantine e fondazioni dell'edificio. La prima testimonianza scritta sull’edificio è dalla metà del 14 ° secolo. Da allora, il percorso ha segnato alcuni dei grandi eventi della storia ceca. Nel luogo dove è stato costruito il palazzo sorgevano delle abitazioni bruciate durante le guerre hussite in Boemia, insieme a gran parte di Malá Strana. Rodolfo II lasciò in eredità una casa ricostruita a uno dei suoi servi fedeli, e la casa è stata successivamente scambiata da vincitori e vinti durante gli sconvolgimenti catastrofici della guerra dei Trent'anni. Il conte avventuriero scozzese Leslie, uno degli assassini del generale della guerra dei Trent'anni, Albrecht di Wallenstein (Valdštejn), lo ha venduto alla famiglia Thun nel 1656. Originari del Trentino, il Thun furono coinvoltì nella guerra dei Trent'anni; Cristoforo Simone Thun, uno dei protagonisti della Guerra, in occasione del conflitto conquistò, grazie anche al favore imperiale, numerosi possedimenti in Boemia, Slesia e Turingia. I Thun possedevano diversi palazzi a Praga e hanno contribuito all’ attività edilizia diffusa in quel periodo che ha prodotto gran parte della grandiosità barocca che sopravvive fino ai giorni nostri, anche in questo edificio. Nel 1919, quando la Gran Bretagna ha stabilito rapporti con la nuova Repubblica di Cecoslovacchia, i britannici presero in affitto il Palazzo Thun come residenza per il ministro e per la delegazione. Nel 1925 il governo britannico ha acquistato il Palazzo per la propria ambasciata a Praga.
Stemma di pietra ristrutturato della famiglia Thun-Hohenstein (Thun-Hohenštejnové)
si trova sulla facciata dell'ambasciata britannica a Praga
Ambasciata italiana a Praga Palác Thun-Hohenštejnský / Thun-Hohenstein Palace
Monumentale Palazzo Thun-Hohenstein (Hohenštejnský palác Thun) in via Nerudova nelle immediate vicinanze del Castello, sede dell’ambasciata italiana a Praga, è uno degli esempi più belli di architettura barocca della città.
Italské velvyslanectví - Nerudova 20 - CZ-118 00 Praha 1 - Repubblica Ceca
Il Palazzo Thun, originariamente chiamato Palazzo Kolowrat, è stato progettato tra il 1721-1726 dal famoso architetto barocco boemo Jan Santini Aichl per il conte Vincenzo Kolowrat (e costruito da Giovanni Lurago e Bartolomeo Scotti), che ha richiesto un edificio "secondo le buone proporzioni e la simmetria per l'abbellimento della città e per il mio stesso comfort ". La larghezza della facciata è pienamente utilizzata e crea un effetto attraverso il contrasto di fondo tra l'articolazione ordinata della superficie e la decorazione architettonica, in particolare del portale, ornato da due aquile giganti con lo stemma Kolowrat dello scultore Matyáš Bernard Braun. Lo scultore stesso ha posto sopra l'ingresso le figure di Giove e di sua moglie Giunone. Under a huge ledge above the central window are two Kolowrat family emblems. Sotto un enorme cengia, sopra la finestra centrale, vi sono due emblemi della famiglia Kolowrat. La grandiosità della facciata è stata accentuata dall’architetto con l’immissione ai lati dell'ingresso principale riservato alle carrozze, di due ingressi più piccoli per i pedoni. Il palazzo sorge dove prima erano edificate cinque case e fu dapprima collegato con il Palazzo dei Signori da Hradec in via Thunovská.
Altre immagini delle ambasciate e della Via dedicata ai Thun nella sezione gallery
La famiglia Thun
Le origini
L'origine della famiglia Thun, che attestazioni documentarie fanno risalire almeno al XIIsecolo, ma che leggende pongono addirittura in relazione con San Vigilio, patrono di Trento (IV sec.), si localizza nella bassa valle di Non, dove esiste tuttora il Comune di Ton, formato da alcuni paesi della zona, e dove aveva sede l'omonima pieve, esistente ab immemorabili. La prima sede della famiglia fu probabilmente il dosso del Castelletto, su cui ancora sorge la chiesetta di S. Margherita; dopo la metà del sec. XIII fu concesso in feudo alla famiglia l’attuale Castel Thun , citato fino al secolo XV come Castrum Novesini o Belvesini.
Nei secoli XVII-XVIII le linee trentine dei Thun consolidarono la potenza e la ricchezza della dinastia. La numerosa discendenza della linea di Castel Bragher diede origine a ulteriori ramificazioni: le cosiddette seconda e ultima linea di Castel Caldes, la linea di Croviana, la linea di Castelfondo. Tra i molti personaggi che raggiunsero posizioni di spicco in campo politico, militare e religioso si segnala soltanto Emanuele Maria della linea di Castel Bragher, che nel travagliato periodo 1800-1818 rivestì a Trento la carica, ormai puramente ecclesiastica, di vescovo. Anche la casata di Castel Thun esercitò un’influenza decisiva nella storia trentina, al punto che per ben tre volte vide assurgere alla dignità di principe vescovo un suo esponente, rispettivamente Sigismondo Antonio nel periodo 1668-1677, Domenico Antonio negli anni 1730-1758 e Pietro Vigilio, ultimo titolare di un potere sia temporale che spirituale dal 1776 al 1800.
Il capostipite della famiglia dei Thun, Albertus o Albertinus, visse nel XII sec. La famiglia prese il nome dal villaggio di Ton ed in origine aveva la residenza sul dosso di S. Margherita, a Castelletto. Immensi furono i suoi possedimenti che si estendevano su gran parte della valle di Non ma che, con rami posteriori, si svilupparono anche al di fuori dei confini dei Principato vescovile trentino per giungere fino in Boemia dove pure i Thun possedettero castelli e palazzi. In valle di Non ed in valle di Sole giunsero in loro possesso, oltre a castel Thun, i castelli di S. Pietro, Visione, Enno Braghèr, S. Ippolito, Fóndo, Vigna, Cagnò, Mostizzolo, Rumo, Mocenìgo, Brezelerio, Zoccolo, Altaguardia, Samonclévo, Caldés e, per un certo periodo, anche Ossana.
I Thun si sentirono sempre signori delle loro terre e nonostante le inevitabili insofferenze da parte delle popolazioni vicine essi furono continuamente un punto di riferimento, quasi che la famiglia fosse garanzia della pax castellana, fatta di tutela, di aiuto, di difesa; emblematico è il distico scritto su una copertina di un fascicolo amministrativo di un anonimo fattore di castel Thun: ubi pax, ibi Deus.
Dal libro "Vigo, Masi, Toss ai piedi di Castel Thun" - di Domenico Gobbi.
La conservazione dell'archivio documentario dei Thun è seconda per importanza soltanto a quella del principato vescovile di Trento e la sua conservazione nell'antica sede del castello di Vigo di Ton è una nota importante per la rilevanza socio politica che questa famiglia ha avuto non solo per l'antica pieve di Vigo, ma anche su grandi territori delle due Valli.
Questa ricerca storica non intende volgersi alla ricostruzione prosopografia della famiglia Thun, perché si sa che a partire dal 1187 "l'esistenza di ogni suo membro è storicamente accertabile sulla base di documenti fino ad arrivare al presule tridentino, Pietro Vigilio, ultimo signore feudale del principato vescovile di Trento .
Pietro Vigilio Thun
A seguito dell'invasione francese del Trentino alla fine del secolo XVIII, il vescovo Pietro Vigilio parti da Trento per Passavia, ospite del fratello vescovo di quella città. Morirà a castel Thun, 17 gennaio 1800. Il successore, Emanuele Maria, con il quale si chiude la serie dei principi vescovi di Trento dotati di sovranità territoriale e sarà appunto sotto il suo governo, il 6 marzo 1803, che venne letto in duomo il decreto che annunciava il passaggio del principato di Trento all'assoluto dominio dell'Austria. Dunque la famiglia Thun in questa delicata fase agi sulla scena politica trentina sia direttamente, con i due vescovi sia indirettamente con le varie entrature politiche dei suoi membri; tra l'altro, il membro più anziano della famiglia Thun era insignito, fin dal Cinquecento, del titolo di coppiere vescovile.
Le testimonianze su questa famiglia dunque sono numerose, ma certamente non esaustive, in quanto le varie diramazione lungo i secoli e gli intrecci politici all'intemo del principato vescovile e all'estero con le cancellerie europee, rendono difficile descrivere il suo percorso storico lungo i secoli. Infatti numerose giovani donne della linea tunniana si sposarono con rampolli dell'antica nobiltà europea e viceversa molte ragazze furono maritate con giovani della famiglia del ramo di Thun, o di castel Bragher, ancora di Caldes, di Altaguarda di Castelfondo, che già nel XV secolo i Thun pervennero inpossesso pignoratizio di quel giudizio.
Di questo fenomeno era consapevole pure lo storico Giuseppe Pinamonti, che così scriveva: "Nasce dalla maniera di esporre le istorie degl'illustri casati un altro inconveniente gravissimo, ed è che la istoria delle città e delle province, la quale componesi in gran parte di ciò che hanno fatto o ommesso di fare le cospicue famiglie, viene ad essere confusa, manca e deturpata sì, che bisognano poi sforzi d'uomini di gran senno e coraggio, che sono rari, e in qualche luogo non sorgono mai, per ridurla alla sua compiutezza e dignità.
La "famiglia" dei Thun a Roma, con l'imperatore Enrico VI
Ma sarà il 1199 l'anno del definitivo riconoscimento della famiglia Thun, allorché il vescovo di Trento, Corrado da Beseno, con solenne documento diede in feudo ai fratelli Albertino e Manfredino di Ton e ai discendenti il dosso chiamato Visione, affinché costruissero il castello'. Da questa data essi acquisirono la capacità di dare un'impronta per secoli sulle popolazioni delle Valli di Non e di Sole; anche se nel Duecento, almeno in alcune zone delle due Valli, essi rimasero vassalli dei Conti di Flavon e di quelli di Appiano" ' legame protratto fino alla fine del secolo nella divisione dei beni fra i fratelli Riprandino e Ramperto, figli del conte Aldrighetto di Flavon.
Con la scomparsa della nobile e potente famiglia degli Appiano, la famiglia Thun accentuò la sua presenza sulla scena politica del principato vescovile e dell'Impero. t sufficiente, per dimostrare l'importanza di questa presenza, il documento del 18 luglio 1190 che indicava le compagnie di soldati con cui il vescovo doveva accompagnare il giovane imperatore Enrico VI nella discesa a Roma per impossessarsi dei beni dell'Italia meridionale e, l'anno successivo, nella Pasqua del 1191, ricevere la corona imperiale da parte del papa; tutto ciò è dettagliatamente descritto dal cardinale Baronio e riportato negli Annali da Lodovico Antonio Muratori.
Così il documento
"Nel nome di Dio eterno, nell'anno della sua incarnazione millecentonovanta, indizione ottava, il 18 luglio, nel palazzo del signor vescovo di Trento.
In presenza dei signori canonici Turco e Adone". di Riprando di Pergine, del conte Guglielmo di Flavon, di Olurandino di Denno, di Federico padre e Odolricofiglío, di Arco, Gumpone di Madruzzo, Rodegerío, Enrico Chronpac', Guglíelmo, Adelardo di Livo, Olurandino di Coredo, Varimberto di Arsio, Pessato, Odolrico de la Lupa, Walcone, Varnerío de Rubatasca, e altri.
Essendo il nostro signore Enrico, re dei romani e sempre augusto, in procinto di partire per la spedizione romana e essendo obbligato a questo spedizione il già menzionato signor vescovo tridentíno, il vescovo Corrado, per grazia di Dio illustre vescovo trídentino, domandò ai sopracitati Gumpone di Madruzzo e Rodegerio di Livo, suoi sudditi, di scegliere e presentare allo stesso i colomelli. Questi risposero che nel primo colomello sono presenti Gislimberto di Lagaro, la casa di Predalia e la casa di Toblino; nel secondo quelli di Caldonazzo e la casa di Terlago, nel terzo la casa di castel Beseno, la casa del signor Gionata, la casa di Gerado di Castellano, la casa di Tisolino del Campo San Píetro, nel quarto colomello sono presenti, i signori di Thun, la casa di Ivano, i signori di Flavon e di Rumo, la casa di Mamelio di Spor; nel quinto colomello sono i signori di Pergine.
Io Roperto, notaio dell'invincibile Federico imperatore, ho scritto per comando del sopracítato vescovo".
Il vescovo Corrado, in quanto principe dell'Impero, era coinvolto in prima persona nelle vicende politiche e come tale doveva attivamente assicurare la sua presenza nelle diverse. Una di questa era la partecipazione al seguito delle milizie imperiali.
In verità l'esercito imperiale aveva già preso stanza nella primavera di quell'anno al comando del padre di Enrico, l'imperatore Federico Barbarossa, che proprio nella spedizione in Turchia, bagnandosi nelle acque del fiume Salef "in esse sventuratamente lasciò la vita, chi dice perché annegato nuotando, e chi perché il soverchio freddo dell'acqua l'intirizzì
I colonelli trentini elencati nel documento del 1190 parteciparono alla spedizione militare in Italia del giovane imperatore Enrico VI che aveva deciso di esigere con la forza l'eredità della moglie, Costanza'.
Quanti uomini delle cinque famiglie trentine e per quanti mesi rimasero al servizio dell'imperatore non ci è dato di conoscere. In verità la storiografia trentina non va più oltre la semplice notizia. Noi conosciamo da altre fonti storiche che la conquista dell'Italia meridionale, con l'approdo in Sicilia, fu assai lunga e in alcune circostanze molto sofferta, specie all'indomani della incoronazione di Enrico VI come re di Sicilia, avvenuta a Palermo nel giorno di Natale del 1194. Si sa con certezza che dopo le grandi insurrezioni che scoppiarono contro la dominazione germanica negli anni 1196 e 1197, Enrico VI ordinò esecuzioni di massa. Non solo puni gli istigatori della rivolta, ma fece anche strappare gli occhi ed alcuni dei nobili imprigionati nel 1194 che non vi avevano preso parte. Per gli storici "anche accettando l'ipotesi più favorevole, la condotta di Enrico VI appare indubbiamente molto crudele ed estremamente "aduso alla violenza': egli punì gente che era nelle prigioni germaniche da due anni e che era pertanto assolutamente estranea a qualsiasi complicità nei più recenti avvenimenti"117 e la regina, Costanza, "alla quale era imposto di presenziare alle escussioni ed ai supplizi inflitti ai capi normanni ribelli, prese dunque ad odiare tutti i tedeschi, incluso il marito"
Il "censimento" per individuare nel principato tridentino i partecipanti a questa spedizione fu esteso ai cinque territori amministrativi del vescovado detti "colonelli": della Valle Lagarina, della Valsugana, della valle dell'Adige; il quarto quello di Pergine; mentre il quinto era formato dai feudatari della valle di Non, il più nutrito perché maggior era la presenza di famiglie comitali di grande rilevanza economica e pertanto di consolidato peso politico. A questa quinta compagnia fu posto a capo il signore di Thun. Furono incaricati di eseguire l'ordine e presumibilmente definire le modalità della spedizione, i familiari del vescovo-principe, i signori Gumpone di Madruzzo e Rodegerio di Livo.
Il criterio adottato dalle nobili famiglie (domus) presumibilmente era individuato nella proposizione di un terzo per ogni ceto sociale: un terzo dei militi era preso "da li fogi scriti et non fumanti che ogni cinque fogi e mezo scriti tocha un soldato", un terzo per interessamento del signore e un altro terzo, era assunto dalle famiglie dei villici che risiedevano sulle terre dei loro possessi. La percentuale di reclutamento presumibilmente era "ogni cinque fogi". Tale percentuale verrà sempre mantenuta nelle varie circostanze belliche lungo i secoli; sarà richiamata ancora nel 1511 con il Landlibell e fatta valere alcuni secoli dopo, ai primi anni del Settecento, in una nota ufficiosa del magistrato consolare di Trento. allorché invitava i comuni al di là dell'Adige, oltre il Bus de Vela, di predisporre una guarnigione per far fronte all'invasione francese guidata dal generale Vandóne.
Anche il vescovo Corrado, come i suoi predecessori Altemanno (1124-1149) e Adelpreto (1156-1177), si trovò nella necessità di garantire la conservazione delle acquisizioni territoriali, ricorrendo ad individui eminenti in grado di esercitare collaborazione militare. L'obiettivo venne raggiunto attraverso la concessione feudale di castelli in cambio della fedeltà militare.
La lealtà all'imperatore, dunque, doveva essere accompagnata dalla costante attenzione ad equilibrare le diverse componenti sociali e politiche che costituivano la confusa situazione trentina, cioè da un lato la macinata di San Vigilio (casadei sancti Vigilii) nella quale si riconoscevano quasi tutti i vassalli della Chiesa tridentina intenti a rivendicare la propria superiorità sui ceti rurali e l'autonomia, del loro signore'40: e, d'altro lato, il capitolo del duomo cui spesso facevano capo le forze di opposizione, dato questo che si esemplificherà in maniera eclatante con la forzata partenza del vescovo Corrado dalla Chiesa e principato tridentino.
I signori Thun: regolani maggiori
La posizione di prestigio in seno all'episcopato in seguito alla fedeltà dimostrata lungo i secoli fece sì che molti membri della famiglia Thun esercitassero su territori delle due Valli un'autorità indiscussa. Questo aveva luogo nell'amministrazione della giustizia, nelle cause di primo grado e, come ci notifica la carta di regola del Cinquecento di Vigo di Ton, proprio per la loro qualifica di regolani maggiori quei signori avevano i diritto di percepire la terza parte della pena inflitta al trasgressore.
Attraverso questa prerogativa, indirettamente veniamo così a conoscere in quali territori i signori Thun esercitavano il loro potere. I limiti erano dati dalla Bassa Valle di Non fino a Castelfondo nell'Alta valle, occupando terre e castelli; ciò è posto in evidenza in un epigramma dedicato nel 1762 da un amico al conte Vigilio Basilio Thun :
All'Illustrissimo e Reverendissimo Signor Vigilio Basilio del S.R.l. Conte di Thun ed Hochenstein, Signore de' Castelli Thun, Visione, Belvesino, Rocca, Placeri, Telvana, Zoccolo, Altaguardia, Mocenigo, San Pietro, Bragherio, Fondo, Vigna e Caldes, e delle Giurisdizioni di Thunn, castel Fondo e Rabbi, Coppiere Ereditario delle Reverendissime Mense di Trento, e Bresciannone, Cavaliere dell'inclito Ordine di S. Giovanni Gerosolimitano e Commendatore di Obitz in Boemia ec. ec. MDCCLVII
Altri personaggi della famiglia Thun saranno nominati vicari e capitani delle due Valli di Non e di Sole e in Val Giudicarie, venendo così ad assumere un ruolo di primissimo piano come rappresentanti laici del principe vescovo nella tutela dei diritti del vescovado tridentino. Essi esercitavano il potere nel distretto amministrativo delle Valli, che al principio del secolo XIII era diviso in cinque gastaldie, le cui sedi erano Mezzocorona, Cles, Ossana, Livo e Romeno'. Lo storico Reich osserva giustamente che le 'Talli di Non e Sole suddivise in tal modo da formare sotto diversi aspetti un distretto a parte, a differenza delle altre valli meno estese del principato, avevano per ciò più bisogno di queste di un'autorità centrale sul luogo stesso a nome del principe vescovo"'. Pertanto il principe era nella necessità di nominare vicari, assessori e massari e la scelta cadde pure su personaggi della famiglia Thun; per esempio, nel 1298 Erasmo di castel Thun risulta vicario, o capitanol'6per il duca Federico conte di Tirolo'. Non era questa una novità, tanto che dopo molti secoli, così scriveva l'ultimo dei massari, Agostino Torresani, nel 1789 "che nei tempi antichi questi massari insieme col vicario, era sempre uno delle famiglie più illustri del paese"'.
Altra funzione era riservata agli assessori delle Valli, che coadiuvavano i vicari vescovili o imperiali nel disbrigo degli affari politicoamministrativi; mentre i massari formavano il terzo ufficio del governo delle Valli di Non e Sole. Ad essi spettava, oltre la riscossione delle imposte, anche il giudicare nelle cause civili e criminali.
Venuta meno la potenza della famiglia di Flavon verso la metà del secolo XIII, emergeva nel contempo la famiglia dei Thun, pertanto non fa meraviglia che proprio il primo vicario delle Valli fosse uno dei Thun; ed è cosa significativa, a nome del conte di Tirolo, in quanto quest'ultimo in quegli anni si era dichiarato avvocato della Chiesa di Trentoll.
Richiamandosi a questa antica consuetudine nelle due Valli, nella seconda metà del secolo XV gli abitanti della confinante vicinia di Priò aderiscono alla richiesta dei tre fratelli Thun, Simeone, Giacomo e Baldessare che venga loro conferita la regolaneria maggiore del predetto paese. 1 rappresentanti di Priò, affermano che essa fu già di competenza dei loro predecessori; ma Giacomo, calzolaio, portavoce degli abitanti dello stesso paese, pur sostenendo che i Thun non hanno mai esercitato questo diritto, conferisce spontaneamente in perpetuo la detta regolaneria con gli annessi diritti, secondo la consuetudine delle valli di Non e di Sole". così da pretendere ormai la giurisdizione su case che essi avevano comprato a Croviana e a Samoclevo, che avevano costruito ex novo a Sanzeno, che avevano acquistato a Denno, Bresimo, a Baselga e in altri luoghi, tanto in alcune occasione di esigere ora la lata giurisdizione sopra i loro servi.
Non solo, ma pure pretesero la sorveglianza delle feste del titolare delle chiese a Preghena, a Baselga (Bresimo) e a Solasma per il castello di Altaguardia, a Caldes per il castello di Samoclevo, a Sarnonico per il castello di Castelfondo e a Castelletto.
Voglio qui documentare, sia pure in maniera succinta, il peso politico dei Thun in val di Non, elencando i loro incarichi pubblici:
1298 Erasmo di Thun, vicario per Federico conte di Tirolo;
1372 Guarimberto di Thun, vicario delle valli;
1372 Giovanni di Thun, rende giustiziza 'In loco giuridico" a Taio;
1376 Guarimberto di Thun, vicario generale delle valli";
1398 Guarimberto di Thun, vicario delle valli;
1412 Baldessare Thun, capitano di Castelselva;
1422 Giovanni Thun, vicario delle Valli';
1437 Sigismondo di castel Thun, abitante in castel Bragher, regolano maggiore di Coredo, Smarano e Sfruz;
1441 Sigismondo di Thun, capitano di castel Stenicoll;
1442 Michele di Erasmo di Thun, vicario delle Valli;
1445 Sigismondo di Thun, capitano di castel Stenico e Mani;
1460 I fratelli Thun ottengono la regolania di Priò ;
1471 Simone di Thun, regolano maggiore di Dermulo,
1475 e 1478 capitano delle Valli";
1475 Simone di Thun, capitano delle Valli per il duca Sigismondo
1476 Guarimberto Thun, vicario in Val di Non ;
1483 Simone Thun, regolano maggiore di Coredo, Smarano e Sfruz
1484 Simone di Thono, luogotenente delle Valli per l'arciduca Sigismondo;
1486 Stefanino Thun, Procuratore di Trento 171;
1490 Simone di Thon, luogotenente delle Valli per l'arciduca Sigismondo ;
1492 capitano di Castelfondo, regolano maggiore di Arsio11;
1502 Baldessare, regolano maggiore di Mezzalone di Livoll.
1516 Antonio Thun, regolano maggiore di Rumo'74;
1519 Cristoforo Thun, capitano di Trento';
1550 Massimiliano Thun, regolano maggiore di ;
1562 Sigismondo, supremo regolano (sic) di Ton.
1562 Regolania maggiore a Denno, Termon, Quetta;
1564 Simeone, regolano maggiore di Dardine;
1570 Cipriano, regolano maggiore di Castel Bragher; Bernardino, Capitano di Castelfondo; Vittorio, regolano maggiore di Taio;
1611 Giovanní Cipriano, regolano maggiore di Rumo; 1718 Conti di Thun e castel Bragher, regolani maggiori'; 1746 Giacomo Antonio di Thun, regolano maggiore di Sarnonico;
1756 Giacomo Antonio di Thun, capitano delle valli di Non e Sole .
Questa elencazione che non pretende di essere esaustiva, è sufficiente per dimostrare ancora una volta la posizione non certo secondaria della famiglia dei Thun, almeno fino all'età clesiana, da quando non vengono menzionati in alcuna delle tre cariche che direttamente interessavano l'amministrazione economica politica delle due Valli. Non conosciamo le vere cause di questo cambio di rotta politica in seno al principato. Esso dovrebbe essere ricercato in più direzioni, non ultima nell'analisi dell'atteggiamento assunto nelle insurrezioni di fine secolo XV e specialmente durante la guerra rustica degli anni venti del secolo successivo.
La loro, era tutto sommato una carica e una presenza che si "tollerava assai male", come ebbe a dimostrare il Velenti in una causa tra i signori di Thun e i sindaci di Mezalone (Valle di Sole) circa la regolamentazione della vendemmia. Doveva essersi creata una forte tensione nell'autunno di quell'anno fra i signori e la comunità, se quest'ultima ricorse ancora il 4 novembre 1502 al principe vescovo Udalrico per chiedere a chi spettava definire i giorni della raccolta dell'uva. Ciò non deve meravigliare se la raccolta della vendemmia era oggetto di attenta normativa. La carta di regola del vicino paese di Dardine, anno 1564, il cui regolano maggiore era un membro della famiglia dei Thun, al cap. 36 tratta questo preciso argomento e impone di sorvegliare e applicare ai contravventori una multa di lire 3 di denari per ogni volta, persona o anno".
La figura e il ruolo del regolano maggiore verrà a lungo discussa nei decenni successivi, tanto che questo istituto subirà ristrutturazioni e privazioni; gli verranno tolte alcune prerogative secolari e assegnatogli un ruolo di tutela, perché la "missione del Regolano maggiore fosse stata quella d'invigilare su i singoli funzionari comunali... zuradi e regulani menori... che de capitulo in capitulo dicti ordini [a norma del Libro Il degli Statuti di Trento "qual trascta del officio di Sindaci" sian mandati in executione"'. Significativo è che questa pagina sia stata inserita nel Regulanarium del castel Thun, posta quasi in appendice dal titolo "Modo et instruttione..., per li regolani maggiori in castigar gli contravvenienti alli ordini delle regulle, che spettano ad essi regollani maggiori.
Sarà il vescovo Madruzzo, nel 1586, a definire "che nelle ville e luoghi ove non sono costituiti dall'ill.mi vescovi di Trento regolani mazori, niuna villa possi né debbi costituire nè crear alcuno con questo nome de regolano mazor.
I signori di Thun dignitari del principato vescovile
Diedero lustro alla nobile famiglia Thun, destinata a diventare successivamente la più ricca e potente delle due Valli di Non e di Sole alcuni fra i più prestigiosi personaggi che si ricordano di questa nobile famiglia. Essi acquisirono prestigio operando sulla scena del principato vescovile di Trento nella seconda metà del secolo XII. Erano, come spesso abbiamo già menzionato, signori feudali potenti nella regione, signori di una località che aveva dato loro l'appellativo in quegli anni e vassalli del vescovo di Trento.
La documentazione tramandata e gli storici della famiglia datano al 1145 l'inizio dell' "era" dei Thun, con il loro capostipite Bertholdus de Tono" che viene citato nuovamente in un altro documento dieci anni dopo nel 1155. Il Bertoldo doveva essere un vassallo del principe vescovo, in quanto lo incontriamo in quegli anni due volte al seguito e al servizio di due principi tridentini, i vescovi Altemanno e Eberardo.
Significative sono entrambe le circostanze. La prima non è limitata a un semplice atto di devozione e pietà religiosa; infatti il ministeriale del vescovo, Bertoldo di Thun, assieme a molti nobili vassalli della Chiesa di Trento funse da testimone e venne citato nel documento di consacrazione della chiesa di San Michele all'Adige, avvenuta il 29 settembre 1145 per il ministero del vescovo Altemanno. La sua presenza acquistava ben altro significato in quanto in quell'occasione veniva pure definito l'assetto giuridico-ecclesiastico della pieve di Giovo (Valle di Cembra) affidata alla Prepositura con le altre cappelle rurali- si doveva inoltre provvedere alla cospicua dote per la nuova Prepositura diretta da un preposito e abitata da monaci, che doveva stabilirsi accanto alla ricostruita chiesa dedicata a San Michele. La possente costruzione era posta nelle vicinanze del fiume Adige al bivio strategico della Bassa Atesina e della Bassa Valle di Non. Oltre il passo della Rocchetta si incontrava il casato Thun.
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Un altro personaggio è da ricordare per l'intraprendenza negli studi ecclesiastici, come si può ricavare nelle matricole del 1686 dall'archivio dell'Istituto Germanico in Roma, così si legge: "Giuseppe Mattia Leopoldo, cavaliere di Thun, diocesi tridentina, figlio di Giovanni Battista de Thun e di Elisabetta Giroloma contessa di Terlago, sempre cattolici, studiò umanistica prima ad Hall Tirolo; per tre anni, filosofia e diritto canonico a Salisburgo e dove gli fu conferita l'ordinazione sacerdotale a 24 anni e inviato allo studio della teologia morale. Fu alunno della Congregazione mariana ed ebbe lettera commendatizia dal duca di Lotaringia. Venne al Collegio romano il 31 ottobre 1686, dove rimase due anni fino il 28 settembre 1688. Sacerdote, studiò per tutto il tempo teologia morale. Ottimo nella disciplina come nello studio" .
Furti
Come ogni sito d'arte che si rispetti anche il castello ha subito numerosi furti soprattutto nel periodo fra gli anni '60 e il 1992 quando, con l'acquisto da parte provinciale si è installato un sistema di allarme e di controllo assai sofisticato. L'ultimo furto conosciuto, di una certa importanza fu eseguito nella notte fra il 28 e il 29 marzo del 1990 quabdo qualcuno rubò una scala a pioli a Nosino e riuscì ad entrare, attraverso una finestra, all'interno di Castel Thun. Sparirono 13 dipint di pittori fiamminghi del diciassettesimo secolo e preziosa argenteria. Un furto su commissione anche perché i ladri hanno selezionato attentamente quello che portar via, lasciando sulle pareti i quadri di minor valore. A distanza di 15 anni, nel settembre 2005 la refurtiva è stata ritrovata dai carabinieri del nucleo tutela patrimonio culturale di Monza. Il valore della refurtiva fu stimato allora attorno al Miliardo di Lire.
Interno della chiesetta di S. Martino
Vicino al castello, vi è la chiesetta di S. Martino, dove sono sepolti alcuni conti Thun fra cui l'ultimo, il conte Zdenko, la quale è stata più volte visitata dai ladri. Nell'ultimo tentativo di furto, nel 2000, i carabinieri sono intervenuti su segnalazione arrestando i responsabili che stavano asportando marmi pregiati e pietre tombali.
I Thun di Boemia
La famiglia Thun in Boemia
Dal libro "Un segno d'Europa" di Gianpaolo Andreatta con testi di Marco Viola, Rotislav Novy, Frumenzio Ghetta e Mauro Lando - Foto di Flavio Faganello - Edizioni Sirio.
Un poderoso intreccio fra Trentino e Boemia è rappresentato dalla dinastia dei conti Thun, una delle più antiche e nobili famiglie che hanno segnato con la loro presenza capitoli di storia della provincia di Trento e della Boemia. La famiglia, anticamente chiamata Tunno poi Tuno, Tono ed infine Thun, possedeva già nel 1199 un feudo alla Rocchetta all'imbocco della Valle di Non con un castello sovrastante la stretta forra del fiume Noce.
Stemma sull'entrata di un palazzo Thun a Praga
I Thun crebbero in importanza ed in potere tanto da acquisire il controllo delle valli di Non e di Sole oltre ai castelli disseminati in quelle valli. Successive eredità, conclusioni di linee familiari e suddivisioni avevano portato alla fine del 1500 all'individuazione di quattro dinastie fondamentali. Si tratta della linea Castel Thun con capostipite Luca Thun, linea castel Bragher con capostipite Cipriano Thun, linea castel Caldes con capostipite Giacomo Thun e linea Castelfondo. Ed è proprio da quest'ultima che si diparte il ramo che arriva alla Boemia tramite Cristoforo Simone Thun. Gli avvenimenti che favorirono questo passaggio dei Thun dalla terra trentina alla Boemia vanno ricondotti all'avvio della Guerra dei trent'anni ed alla battaglia della Montagna bianca (8 novembre 1620) combattuta presso Praga. Era in atto in quegli anni un'aspra lotta tra la nobiltà boema protestante contro l'imperatore Mattia d'Asburgo (1557-1619) al fine di ottenere tra l'altro l'autonomia e la libertà di culto. La situazione precipitò con la cosiddetta "defenestrazione di Praga", quando il 23 maggio 1618 al castello di Praga i delegati dei nobili boemi gettarono dalla finestra i governanti degli Asburgo inviati dall'imperatore Ferdinando Il (1578-1637) successore di Mattia.
Quel fatto segnò l'inizio della Guerra dei trent'anni che per ragioni religiose e di dominio insanguinò l'Europa. Dopo la "defenestrazione" si costi tuì la Lega cattolica guidata da Massimiliano di Baviera (1573-1651) per combatte re il movimento protestante mentre i principi boemi non riconobbero più Ferdinando Il d'Asburgo e nominarono proprio re Federico V (1596-1632). La battaglia decisiva tra Federico V assieme ai boemi contro la Lega cattolica avvenne l'8 novembre 1629 nella piana della Montagna bianca poco distante da Praga i boemi furono sconfitti, molti imprigionati e uccisi, le proprietà di quanti si erano ribellati confiscate e Federico Il chiamò in quella regione nobili a lui fedeli e provenienti da altre zone dell'impero. In questo frangente si inserisce l'arrivo in Boemia dei Thun della valle di Non. I particolari di questa "migrazione" sono raccontati da Vigilio Inama in "Archivio trentino" del 1900. Dopo aver tracciato la genealogia della famiglia Thun, Inama segnala come nel 1597 dopo la morte di Sigismondo Thun, i tre figli si fossero ripartiti i possedimenti. A Giovanni Cipriano toccò Castelfondo, mentre a Giorgio Sigismondo toccò Castel Bragher; il fratello minore Cristoforo Simone ebbe beni e possedimenti ma nessun castello. Ma proprio Cristoforo Simone, scrive Inama, era entrato a servizio dell'esercito degli Asburgo ottenendo riconoscimenti per il suo valore nelle guerre contro i turchi ed i protestanti. Il 24 agosto 1626 venne infatti nominato conte dell'Impero con il titolo esteso a tutta la sua famiglia. Fu dunque Cristoforo Simone Thun a chiamare in Boemia verso il 1629 il fratello Giovanni Cipriano il quale portò con sé il figlio Giovanni Sigismondo nato a Castelfondo nel 1594. Da quest'ultimo e dai suoi 18 figli derivano le linee dinastiche dei conti Thun in Boemia. Giovanni Sigismondo mori a Tetschen (ora Decim) il 29 giugno 1646. Con la sconfitta della Montagna bianca e con la "colonizzazione" asburgica della Cecoslovacchia giunsero pertanto i Thun in Boe mia dove diedero luogo a quattro linee dinastiche prin cipali. Sono la linea Klaste rec (ted. Klosterle), la linea Decim (ted. Tetschen), la linea Choltice (ted. Choltitz) e una linea Katscina. Importanti sono tutt'ora i segni della loro presenza: a Klasterec nel castello Thun è aperto un museo delle por cellane prodotte dalla locale fabbrica Thun, a Decim sulle rive dell'Elba esiste un mae stoso castello Thun, a Choltice il castello dei Thun è ora trasformato in museo e nella adiacente cappella di San Romedio sono presenti pregevoli affreschi raffiguranti la valle di Non ed i possedimenti dei Thun in Trentino. La tradizione vuole che i Thun possedessero in Boemia 35 palazzi di cui dieci a Praga; di essi uno ospita attualmente l'ambasciata d'Italia ed un altro l'ambasciata d'Inghilterra.
A Praga è intitolata ai Thun una via della città vecchia
Una dinastia ricca e potente
di Mauro Lando - da Poster Trentino n° 1 - 2001
Dal Seicento in poi, quella dei Thun è stata una dinastia potente, ricca ed onorata nel Regno di Boemia all'interno dell'Impero asburgico. La tradizione vuole che i Thun avessero 35 tra castelli e palazzi in tutto il territorio di cui dieci a Praga: di essi uno ospita attualmente l'Ambasciata d'Italia ed un altro quella d'Inghilterra. I Thun furono feudatari, imprenditori, uomini di Governo, prelati sempre in contatto con i loro "cugini" trentini che avevano mantenuto i loro feudi e la loro potenza.
Il quesito è: come, ed in che modo, i Thun arrivarono in Boemia dalla originaria valle di Non? La risposta completa all'interrogativo può venire solo dopo un esauriente studio degli sviluppi della dinastia, studio che non è mai stato completato e che forse potrebbe essere finalmente avviato. La presenza di un sistema democratico nella Repubblica Ceca consente ora infatti più agevoli contratti e ricerche d'archivio.
Bisogna pertanto al momento avvalersi solo di ricerche parziali seppure precise per i periodi a cui si riferiscono. In questa nota ci si è avvalsi del saggio di Vigilio Inama pubblicato in "Archivio trentino" del 1900 e della storia del castello di Choltice di Karel Kabelac.
Vigilio Inama ricorda che la famiglia, anticamente chiamata Tunno poi Tuno, Tono ed infine Thun, possedeva già nel 1199 un feudo alla Rocchetta all'imbocco della Valle di Non, con un castello sovrastante la stretta forra del fiume Noce. I Thun crebbero via via in importanza ed in potere tanto da acquisire il controllo delle valli di Non e di Sole oltre ai castelli disseminati in quelle valli. Successive eredità, conclusioni di linee familiari e suddivisioni avevano portato alla fine del 1500 all'individuazione di quattro dinastie fondamentali. Si tratta della linea Castel Thun, linea Castel Bragher, linea Castel Caldes e linea di Castelfondo. Ed è proprio da quest'ultima che si diparte il ramo che arriva alla Boemia tramite il barone Cristoforo Simone Thun diventato poi conte nel 1629. Gli avvenimenti che favorirono il passaggio dei Thun dalla terra trentina alla Boemia vanno ricondotti all'avvio della Guerra dei Trent'anni ed alla battaglia della Montagna Bianca (8 novembre 1620) combattuta presso Praga. Era in atto in quel periodo un'aspra lotta tra la nobiltà boema protestante contro l'imperatore Mattia d'Asburgo (1557-1619) al fine di ottenere tra l'altro l'autonomia e la libertà di culto. La situazione precipitò con la cosiddetta "defenestrazione di Praga", quando il 23 maggio 1618 al castello di Praga i delegati dei nobili boemi gettarono dalla finestra i rappresentanti degli Asburgo inviati dall'imperatore Ferdinando II (1578-1637), il successore di Mattia. Quell'episodio segnò l'inizio della Guerra dei trent'anni che per ragioni religiose e di dominio insanguinò l'Europa. Dopo la "defenestrazione" si costituì la Lega cattolica guidata da Massimiliano di Baviera (1573-1651) per combattere il movimento protestante mentre i principi boemi non riconobbero più Ferdinando II d'Asburgo e nominarono proprio re Federico V (1596-1632). La battaglia decisiva tra Federico V assieme ai boemi contro la Lega cattolica avvenne 1'8 novembre 1620 nella piana della Montagna bianca poco distante da Praga. I boemi furono sconfitti, molti imprigionati e uccisi, confiscate le proprietà di quanti si erano ribellati. Federico II chiamò pertanto in quella regione i nobili a lui fedeli e provenienti da altre zone dell'Impero.
È qui che s'innesta la presenza dei Thun in quel territorio.
Un affresco di Choltice raffigurante la natura della Val di Non
Nel suo saggio Inama racconta che nel 1597 dopo la morte di Sigismondo Thun, i tre figli divisero i possedimenti di famiglia. A Giovanni Cipriano toccò Castelfondo, mentre a Giorgio Sigismondo toccò Castel Bragher; il fratello minore Cristoforo Simone ebbe beni e possedimenti, ma nessun castello. Proprio Cristoforo Simone, si mise al servizio degli Asburgo entrando nella corte di Federico II e combattendo nell'esercito di Ferdinando II nella battaglia della Montagna Bianca del 1620. Fu così che tre anni dopo Cristoforo Simone comperò dall'imperatore vari feudi in Boemia tra cui quelli di Choltice, Dûãim e Klà‰terec oltre a quello di Hohenstein in Sassonia. Da quel momento la famiglia, diventata nel 1629 conti di Thun-Hohenstein, si insediò in Boemia ed in particolare a Decim, città attualmente presso il confine tra Repubblica Ceca e Germania.
Cristoforo Simone, pur diventato grande feudatario e proprietario terriero, non abbandonò le armi di ufficiale dell'esercito imperiale tanto che nel 1634 fu ferito combattendo nella battaglia di Nordlingen in Baviera. Morì l'anno successivo lasciando i suoi possedimenti al fratello Cipriano di Castelfondo. Costui si trasferì a Decim in Boemia portando con sé il figlio Giovanni Sigismondo nato a Castelfondo nel 1594 e padre di ben 13 figli avuti da tre mogli. Otto erano i maschi, i primi cinque avevano intrapreso la carriera ecclesiastica mentre i tre più giovani, alla morte del padre, diedero vita alle tre linee dinastiche dei Thun di Boemia. Massimiliano ebbe il castello ed i possedimenti di Decim, Michele Osvaldo ebbe Klàsterec, mentre il più giovane Romedio Costantino ereditò Choltice.
Dall' Ufficio Stampa della Provincia Autonoma di Trento , 28 settembre 2005
FRA TRENTINO, BOEMIA E INTERNET: COSI' GLI ARCHIVI DELLA FAMIGLIA THUN RITORNANO DI ATTUALITA'
L'intervento dell'assessore alla cultura, Margherita Cogo
(c.m.) – "Questo è il primo, significativo momento di sintesi di un progetto complesso e laborioso che la Soprintendenza per i Beni librari e archivistici della Provincia autonoma di Trento persegue già da quasi un decennio: il recupero in copia della documentazione dell'archivio della Famiglia Thun di Castel Thun conservata presso l'Archivio di Stato di Litomerice, sezione di Decin (Repubblica Ceca)". Così Margherita Cogo, assessore alla cultura, ha aperto – questo pomeriggio, nella sala stampa di piazza Dante, davanti ad un folto ed attento pubblico – i lavori dell'incontro di studio "Fra Trentino e Boemia: gli archivi della famiglia Thun". Appuntamento che ha permesso di illustrare non solo il lavoro di recupero in copia della documentazione dell'archivio Thun ma anche di "sperimentare" la fruizione on line delle immagini delle pergamene sul sito www.trentinocultura.net. Operazione che consente la ricostruzione virtuale dell'originaria struttura dell'archivio. Prima dell'avvio dei lavori Margherita Cogo ha voluto ricordare il professor Albino Casetti, recentemente scomparso. "E' stato direttore dell'Archivio di Stato – ha detto l'assessore -, era paleografo e studioso di chiara fama e la sua 'Guida archivistica del Trentino'resta un contributo fondamentale al mondo culturale della nostra terra".
"L'attività archivistica – ha poi detto l'assessore Cogo - si inserisce in un alveo di politica culturale consolidato. La legge, fra le funzioni dell'Archivio provinciale, prevede infatti anche quella di "attuare iniziative volte all'acquisizione di archivi e documenti storici, anche in copia, d'interesse per la storia trentina".
"Del resto – ha aggiunto - è questo un settore nel quale l'Amministrazione provinciale da sempre è piuttosto attiva: si è così via via provveduto ad acquisire in copia documentazione dell'Archivio Lodron conservata presso il Landesarchiv di Klagenfurt, l'archivio d'Arco conservato presso la Fondazione d'Arco di Mantova e documentazione su supporto pergamenaceo dei secoli XII – XIV conservata presso il Landesarchiv di Innsbruck; è stata conclusa la ricerca delle fonti per la storia del Trentino conservate presso l'Archivio Segreto Vaticano, con una rilevazione sistematica della documentazione fino alla fine del XVI secolo; è in corso di realizzazione – in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni architettonici - una complessa attività di acquisizione in copia (microfilm e fotografia) di documentazione relativa alle fortificazioni austriache in Trentino fra XIX e XX secolo conservata presso il Kriegsarchiv di Vienna; è stata recentemente avviata – in collaborazione con il Museo storico in Trento – una ricerca presso l'Archivio centrale dello Stato, finalizzata all'individuazione e descrizione di fonti per il periodo resistenziale e della prima autonomia; saranno avviate a breve termine due campagne di microfilmatura e fotografia presso l'Archivio Diocesano di Feltre, per recuperare in copia documentazione di fondamentale importanza per la storia della Valsugana e del Primiero e presso l'Istituto di Studi liguri di Albenga, dove è conservato l'Archivio della Famiglia Madruzzo".
L'assessore alla cultura ha poi voluto sottolineare come "il presupposto di tutto ciò sia la convinzione che uno dei compiti fondamentali di chi svolge come ruolo istituzionale quello della tutela e della valorizzazione del patrimonio archivistico sia quello di rendere disponibili alla comunità scientifica il maggior numero di fonti possibili, mediante ricerche organiche e sistematiche. Non solo: lo spirito di questa modalità operativa è quello della ricerca continua di dialogo costruttivo con le istituzioni archivistiche, come presupposto necessario a qualsiasi risvolto operativo. Il frutto di queste attività, la cui complessità è insita nella natura stessa delle operazioni effettuate (dalla "scoperta" – a volte anche quasi casuale – della presenza di documentazione presso archivi anche lontani; all'attività preliminare di individuazione e descrizione dei documenti; alla riproduzione in copia) è uno straordinario arricchimento del patrimonio di conoscenza che viene messo a disposizione della comunità scientifica trentina. Infine: il mezzo attraverso il quale la Provincia autonoma di Trento intende apportare il proprio contributo al "fare" cultura è sempre di più il ricorso sistematico a quello straordinario mezzo di crescita collettiva che è costituito dalla tecnologia dell'informazione".
E proprio a questo riguardo Margherita Cogo ha ricordato il "notevole sforzo di investimento e di innovazione dell'Assessorato, impegnato nella realizzazione di un Sistema informativo degli archivi trentini, che, superata l'attuale fase di verifica tecnica, sarà varato nel corso dell'anno venturo e che costituirà un formidabile strumento di accesso libero alla documentazione storica degli archivi trentini".
L'assessore ha infine ringraziato della loro presenza la direttrice dell'archivio di Stato di Decin – Helena Smiskova – ed il suo collaboratore –Otto Chmelik. "La loro presenza – ha detto - è importante testimonianza di un felice sodalizio culturale che ha consentito di ricondurre ad unità (pure se solo in forma virtuale), dopo oltre 150 anni, un archivio di inestimabile valore per chi intenda ripercorrere le tortuose vicende della storia politico-istituzionale del territorio trentino in epoca medievale e moderna. E' infatti da ora possibile consultare sul sito dedicato alla cultura della Provincia autonoma di Trento (www.trentinocultura.net) l'intero fondo pergamenaceo (3.560 pergamene), mentre è in corso di ultimazione presso l'Istituto archivistico boemo la microfilmatura dell'ingente mole di documentazione su supporto cartaceo, che in processo di tempo sarà resa anch'essa fruibile on line".
Quindi la parola è passata ai diversi relatori.
Livio Cristofolini (sostituto del dirigente della Soprintendenza per i Beni librari e archivistici della Provincia autonoma di Trento): "La collaborazione fra l'Amministrazione provinciale e l'Archivio di Stato di Litomerice – Sezione di Decin"
Marco Bellabarba (docente presso l'Università degli Studi di Trento): "La Famiglia Thun in Trentino"
Otto Chmelik (archivista dell'Archivio di Stato di Litomerice – Sezione di Decin): "La Famiglia Thun in Boemia"
Stefania Franzoi (funzionaria della Soprintendenza per i Beni librari e archivistici della Provincia autonoma di Trento): "L'archivio della Famiglia Thun a Trento"
Helena Smiskova (direttrice dell'Archivio di Stato di Litomerice – Sezione di Decin): "L'archivio della Famiglia Thun a Decin"
Armando Tomasi (funzionario della Soprintendenza per i Beni librari e archivistici della Provincia autonoma di Trento): "La ricostruzione virtuale del fondo pergamenaceo".
SCHEDA 1. LA FAMIGLIA THUN
L'ascesa dei Thun iniziò nel XIII secolo e crebbe soprattutto nel XIV secolo, epoca di forti tensioni fra il Principato vescovile di Trento e la Contea del Tirolo. Grazie anche ad un'accorta politica matrimoniale, i Thun entrarono in possesso di numerosi e importanti diritti e proprietà nelle Valli di Non e di Sole, tra cui si ricordano Castel Bragher e i possedimenti connessi (1321-1322); i beni degli Altaguarda (1387); il patrimonio dei Caldes (1464: Castel Caldes, la Rocca di Samoclevo, una metà di Castel Cagnò, Castel Mocenigo, Castel Rumo, Castel S. Ippolito); la giurisdizione di Castelfondo (feudo pignoratizio dal 1471); le giurisdizioni vescovili di Masi di Vigo, Tuenetto, Rabbi.
Nel XV secolo i Thun continuarono ad accrescere la loro potenza e le loro proprietà. Cominciò parallelamente ad accrescersi anche il loro prestigio: nel 1469 furono nominati coppieri ereditari del principato vescovile trentino e nel 1558 di quello brissinese; nel 1604 ottennero dall'imperatore Rodolfo II il titolo di baroni dell'Impero. Fino alla seconda metà del secolo XVI la famiglia riuscì a tenere unito il proprio patrimonio nonostante si fosse già delineata una pluralità di linee; fu Sigismondo (1537-1595) a operare nella veste di senior della famiglia la divisione dei beni in tre parti. A seguito di una transazione lunga e problematica, suggellata dall'atto formale del 9 aprile 1596, si confermò comunque la suddivisione nelle tre linee di Castel Thun, Castel Caldes (estinta nel 1633) e Castel Bragher.
Quest'ultimo ramo, dopo la morte di Sigismondo, si suddivise ulteriormente fra i suoi tre figli: Giovanni Cipriano (1569-1631), cui toccò la giurisdizione di Castelfondo; Giorgio Sigismondo (1573-1651), cui fu assegnato Castel Bragher; e Cristoforo Simone (1582-1635), che ereditò molti possessi ma nessun castello. Costui ottenne nel 1628 in feudo pignoratizio la contea di Hohenstein e il relativo titolo nobiliare (1629), che passò successivamente all'intera discendenza Thun anche dopo la perdita della contea stessa (1642); inoltre donò i beni acquisiti in Boemia a Giovanni Cipriano, che abbandonato Castelfondo si trasferì oltralpe, dando origine alla linea Thun boema.
SCHEDA 2. GLI ARCHIVI
Negli anni 1878-79 il conte Matteo Thun della linea di Castel Thun (1813-1892), versando in una difficile e ormai insostenibile situazione economica, si trovò costretto a compiere il gesto, per certi aspetti clamoroso, della vendita della parte storicamente più rilevante dell'archivio di famiglia ai ricchi parenti della linea boema di Decin, il conte Friedrich (1810-1881) e suo figlio Franz (1847-1916).
Giuseppe Molteni - ritratto di Matteo Thun - Vienna
Il delicato incarico di selezionare e preparare per la spedizione i documenti destinati ad essere venduti fu affidato a don Cipriano Pescosta, che negli anni precedenti aveva compiuto approfondite ricerche sull'archivio e che godeva di un rapporto di assoluta fiducia con la famiglia, presso la quale aveva anche ricoperto il ruolo di precettore.
Per la somma di 4200 fiorini fu concordata la cessione ai parenti di Decin dei documenti fino al XVII riguardanti l'intera stirpe Thun e le vicende storiche del principato vescovile di Trento.
Alla vendita furono invece sottratte, fra i documenti dal XIII al XVII secolo, le carte attinenti alla linea di Castel Thun, relative in particolare a Castel Thun, Castel Visione, Castel San Pietro, Castel Altaguarda e ai diritti e alle proprietà nei Comuni di Vigo, Masi, Toss, Dardine, Mezzolombardo, Gardolo, Mezzocorona, Grumo, Nave San Rocco, Roveré della Luna.
Il nucleo documentario trentino ceduto ai parenti d'oltralpe condivise poi il destino dell'archivio del ramo boemo: rimasto fino al 1932 nel castello di Decin, fu trasferito a seguito della vendita di quest'ultimo allo Stato nella vicina località di Jilove, quindi riportato a Decin e infine versato nel 1956 all'Istituto, dove si trova tuttora. La parte di archivio rimasta a Castel Thun è stata acquisita, insieme al castello, dalla Provincia autonoma di Trento nel 1992. Il fondo, custodito ora presso l'Archivio Provinciale, è da anni oggetto di un complesso progetto di riordino e inventariazione non ancora concluso